[trial.soc.culture.italian] bilinguismo

bruno@bullet.ecf.toronto.edu (Bruno DiStefano) (05/10/91)

Paolo Gaudiano scrive:
>
> Buongiorno a tutti, 
>
> vorrei suggerire una possibile discussione che certamente interessa a
> molti "trapiantati". Mia figlia (Elena, 15 mesi) sta cominciando a
> "balbettare". Per ora le uniche parole di cui pare che afferri il
> significato sono monosillabi in inglese (hot, hat, up, go), a parte
> ovviamente "mamma" ("papa`" pare che non le interessi troppo).
>
> ..............              ........................
> una certa impressione che l'imparare due o piu' lingue li renda piu'
> "capaci". Qui metto subito le mani avanti: ho usato "capaci" fra
> virgolette per mancanza di un aggettivo che meglio descriva cio' che
> intendo, ed anche per incertezza. E' possibile che i bambini che
> parlano due o piu' lingue sembrino piu' capaci perche' si tratta di
> un'abilita' che e' rara fra gli adulti. O forse e' una questione di
> mentalita` piu' aperta, dovuta senz'altro al fatto stesso di avere
> genitori (solitamente) di nazionalita' diverse.

A questo proposito, mi viene in mente una frase citata da Bjarne Stroustrup,
padre del C++, a pagina iii della prefazione del suo libro proprio sul C++.
Bjarne cita B.L.Whorf, il quale dice:

              "Language shapes the way we think, 
               and determines what we think about."

Bjarne vuole enfatizzare il fatto che certi programmi si scrivono meglio usando
il C++ (Cicero pro domo sua). Penso che, se parliamo di programmazione, siamo
tutti d'accordo su questo punto. Per esempio, uno UART o un FDC si programmano
bene in assembly language, mentre un sistema operativo si scrive bene in C,
degli algoritmi sono molto chiari se descritti in Algol68 (si', sono "vecchio"),
etc.

Personalmente, ritengo che lo stesso si possa dire per i linguaggi usati dagli
esseri umani. Diverse lingue si prestano meglio ad esprimere concetti diversi
e modi di pensare diversi. Il fatto stesso che diverse lingue hanno un 
numero diverso di vocaboli indica che esse hanno un diversa capacita`
informativa. Questo potrebbe sembrare un concetto di tipo puramente numerico.

La formula della Capacita` di Discernimento e` 

               C = T log N

(dove T indica le dimensioni di un testo, N e` il numero di parole diverse 
disponibili all'interno della lingua in esame, ed il log e` in base 2).
In altre parole, tante piu` parole diverse sono disponibili, tanta piu`
informazione si puo` dare/dedurre con/da un test di lunghezza T [l'ipotesi
e` che uno parli in maniera efficiente e che non tenda ad essere verboso
e ridondante, come me :-) ]

Penso pero` che questo sia anche un concetto qualitativo, perche` diverse
lingue dedicano un numero di vocaboli diversi agli stessi concetti e, quindi,
diverse lingue consentono di esprimere in maniera diversa gli stessi concetti.
La lingua che ha piu` vocaboli per un certo subset dello scibile umano si
presta meglio a descrivere/discutere meglio quell'argomento. Di conseguenza,
quante piu` lingue una persona sa, tanto piu` e` probabile che quella persona
possa esprimersi e pensare con capacita` ed efficienza.

Ritengo che Paolo abbia fatto una scelta ottima usando la parola "capaci".

Questo e` un discorso che non vale solo per i bambini bilingue, ma per tutti
coloro che sono diventati poliglotti, per aver studiato e viaggiato. 
Alcuni di noi "trapiantati" rientrano nella categoria, Paolo.

A Montreal ho avuto modo di conoscere qualche imprenditore e qualche 
professionista italiano in grado di parlare bene le tre lingue (francese,
inglese, ed italiano) a punto da poter essere considerati trilingue. La
mia impressione di questi individui e` stata di trovarmi di fronte a persone
con capacita` espressive molto superiori alla media, in tutte tre le lingue.

In particolare mi viene in mente un imprenditore che ho conosciuto circa 10
anni fa. Costui aveva lasciato l'Italia ventenne. A Montreal aveva sposato
una scozzese ed avuto 4 figli. Avendo avuto molto successo con una ditta
da lui fondata, si e` migliorato linguisticamente dedicando molto tempo ad
apprendere bene il francese e l'inglese. Quando l'ho conosciuto, i suoi
figli, a quei tempi tra i 20 ed i 30 anni, erano tutti e tre perfettamente
trilingue. La cosa notevole e` che questi ragazzi erano stati in Italia solo
un paio di volte nella loro vita. Da quel che ho potuto appurare questo
risultato era stato raggiunto con molta cura e grazie a molti fattori:
- prima di tutto il padre (l'imprenditore) era una persona che parlava
  l'italiano molto correttamente e senza inflessioni dialettali;
- la moglie scozzese aveva studiato negli anni prima il francese e poi 
  l'italiano (contemporaneamente a 2 dei figli);
- i nonni paterni, dopo essere andati in pensione, si sono trasferiti
  a Montreal presso l'imprenditore in questione che era il loro unico
  figlio; 
- dopo l'arrivo dei nonni in casa e` stato acquistato tutti i giorni un
  quotidiano italiano (il "Messaggero");
- Montreal ha una vasta comunita` italiana di prima generazione (circa
  250,000 persone), che, pur essendo largamente dialettofona, comprende
  molti individui di buona istruzione e cultura;
- i ragazzi hanno seguito corsi d'italiano a scuola per ben 8 anni.


>                                        O forse e' una questione di
> mentalita` piu' aperta, dovuta senz'altro al fatto stesso di avere
> genitori (solitamente) di nazionalita' diverse.
>
Credo che sia piu` che altro una questione relativa all'ambiente in cui
i figli crescono. Ho notato che a Buffalo ci sono pochissimi ragazzi e
ragazze che sanno parlare l'italiano, nonostante 1/3 della popolazione di
Buffalo sia di origine italiana (circa 1/2 arrivati tra il 1900 ed il 1922;
il resto tra il 1948 ed il 1975). Insomma, a Buffalo almeno 100,000 persone
sono nate in Italia ed almeno 200,000 persone sono figli e nipoti di persone
nate in Italia. Eppure, quasi nessuno sa parlare l'italiano. Il motivo,
secondo me, e` che il grosso degli immigrati di Buffalo non ha mai saputo
parlare l'italiano correttamente, ma ha sempre parlato un qualche dialetto
(chiedo scusa in anticipo a chi si possa sentire offeso). In aggiunta,
sono arrivati in un posto in cui la propaganda del melting pot era cosi`
pervasiva che si sono vergognati di coltivare qualunque forma di cultura
italiana, cultura che, purtroppo, molti di loro non avevano mai avuta
al livello formale (parlo di quella che si acquisisce a scuola).

Noto che a Toronto ed a Montreal ci sono molti piu` figli di immigrati che
sono perfettamente bilingue/trilingue. C'e` pero` un ambiente propizio.
Ci sono corsi regolari di italiano in high school e c'e` una robusta comunita`
che non si vergogna della propria origine. Mi dicono che sia lo stesso a N.Y.
City.

Un'altra cosa che ho notato e` che le capacita` espressive sono "ereditarie"
(non "genetiche"), nel senso che vengono acquisite dai genitori se si parla
con i genitori. Quanto piu` i genitori sono istruiti e quanto meglio si 
esprimono, tanto meglio i figli se la cavano per quantita` e qualita` 
linguistiche.

La situazione e` molto piu` propizia in Europa. A questo proposito 
marco@ghost.unimi.it (Marco Negri) scrive:

> Ciao, io non sono un trapiantato ma ho avuto occasione, qualche anno fa,
> di conoscere una ragazza nata in una situazione multi-lingue.
> Viveva in Israele, il padre era un ebreo-russo che parlava russo, la madre
> era araba e parlava arabo, andava in una scuola di lingua ebraica ed i
> suoi genitori comunicavano in francese.
> Quando lo conoscuita io era in italia da due mesi ed ho capito che non
> era italiana solo quando gli ho visto firmare un assegno scrivendo da destra
> a sinistra.
> All'epoca parlava fluentemente nove lingue (italiano, inglese, spagnolo,
> francese, russo, ebraico, arabo, tedesco e portoghese) ed era in italia per 
> studiare lingue orientali all'universita` di Venezia.
> La cosa divertente e` che di professione non faceva l'interprete : per lei
> era inconcepibile che qualcuno ne avesse bisogno.
> Ciao. Marco.
>

Io ho avuto molte esperienze simili, sia vivendo a Delft, in Olanda, dove
lo studente medio di ingegneria elettronica conosceva benissimo 3 lingue
straniere, sia tra i molti ebrei che ho conosciuto a Toronto, per cui i
figli trilingue sono una cosa normale.

A Den Haag, in Olanda, ho diviso un appartamento con un ingegnere chimico
olandese che, pur avendo entrambi i genitori olandesi, era perfettamente
pentalingue (olandese, inglese, tedesco, francese, italiano) e si faceva
capire cosi` cosi` in 3 lingue (spagnolo, greco, lingua ebraica). Anche lui,
come l'amica di Marco, aveva imparato queste lingue per hobby, senza alcun
interesse professionale.... E` oggi padre di 4 figli siculo-olandesi, 
anch'essi poliglotti. 

Paolo chiede:
>
> Mia moglie e` americana e parla quasi sempre in inglese sia con Elena
> che con me, mentre io parlo quasi esclusivamente l'italiano con Elena
> (ma l'inglese con mia moglie), per cui Elena sente perlomeno l'80%
> d'inglese e il resto d'italiano. Sarei curioso di sentire opinioni su
> un paio di cose:
>
> (1) Se c'e` altra gente in situazioni simili, vorrei sapere un po' che
> probabilita` c'e` che Elena impari bene l'italiano, e se e` probabile
> che impari prima l'inglese e poi l'italiano, oppure se e` piu`
> probabile che impari ambedue, ma l'uno piu' velocemente dell'altro.
>
Credo che Elena imparera` prima l'inglese e che poi, se ti dai da fare
a seguirla, imparera` l'italiano. L'italiano e` molto piu` difficile
per quel che riguarda la struttura grammaticale e sintattica.

Ciao
-- 
Bruno Di Stefano
bruno@bullet.ecf.toronto.edu